Cosa significa essere valdesi, oggi. Risponde Paolo Ferrero

In occasione degli 850 anni dalla nascita del movimento valdese, abbiamo chiesto a donne e uomini valdesi di spiegarci il senso della loro fede e appartenenza.

foto di Debangshu Das, unsplash

Roma (NEV), 20 maggio 2024 – Che cosa vuol dire essere valdese, oggi? In occasione degli 850 anni dalla nascita del movimento valdese, insieme a Radio Beckwith (RBE) e a Riforma, abbiamo interrogato diversi esponenti di questa comunità, chiedendo loro di spiegare in modo semplice, sintetico, a parole loro, questa appartenenza. Giovani e meno giovani, provenienti da ogni regione d’Italia, pastore e teologhe, o anche “semplici” cittadini. Ecco le loro risposte.

Protagonista della sesta “puntata” è Paolo Ferrero.


Essere valdesi oggi per me significa innanzi tutto riproporre uno dei temi fondanti il movimento, quello della povertà, che è un modo di essere e anche una scelta teologica, da dove si predica l’Evangelo. Penso che oggi questo sia un nodo fondamentale: da che parte guardiamo il mondo, dalla parte dei Paesi ricchi, che sfruttano quelli più poveri, o dall’altra? Io penso dall’altra. Quindi in qualche modo la scelta della povertà per me oggi è una scelta di lotta per la giustizia sociale, per la tutela dell’ambiente, per la pace, perchè come dice Isaia “Il frutto della giustizia sarà la pace” (32, 17). In secondo luogo la capacità che c’è sempre stata nel movimento valdese di non conformarsi a questo secolo, cioè di avere un punto di vista proprio che deriva dalla capacità di ascoltare la Parola, di farsi interrogare dalla Parola, senza avere come prima necessità quella di essere accettati dagli altri. Penso che questa capacità di anticonformismo radicata nella Parola è l’altro elemento che oggi dovremmo essere capaci di proporre: uno spirito profetico e non di conformarsi al tempo presente.


Le altre “puntate” qui: Essere valdesi oggi Archivi – Nev


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