Quando il “padre” è una donna

Foto tratta da www.chiesadimilano.it

Roma (NEV), 4 giugno 2024 – Una proposta, in tre tesi, per scardinare i pregiudizi patriarcali nella società e nelle chiese. La pastora battista Anna Maffei ne scrive su Adista (settimanale di informazione indipendente):


È accaduto molti anni fa a una mia giovane collega. Qualcuno ha suonato alla porta dell’appartamento attiguo al locale di culto. Era una persona che chiedeva un aiuto economico. La pastora si è messa subito in ascolto dell’uomo, il quale, nel corso della conversazione, incerto sul come rivolgersi alla sua interlocutrice, le ha chiesto: «La posso chiamare padre?».

Di aneddoti come questo nel mio lungo ministero pastorale – quest’anno ho compiuto 41 anni di pastorato – ne ho accumulati parecchi.

Avevo portato il mio piccolo a farsi vaccinare. La ragazza addetta a compilare la scheda del bambino mi ha chiesto quale fosse la mia professione. Ho risposto: «Sono una pastora». Mi ha guardato interrogativa e poi ha replicato candidamente: «Posso scrivere casalinga?»…

D’altra parte, mentre scrivo al computer, Word mi dà errore segnalato in rosso sia per la parola “pastora” che per “pastorato”! Ma qui è facile rimediare, basta aggiungere entrambe al vocabolario. Meno facile è cambiare le abitudini e le pigrizie culturali e anche cercare di comprendere le decisioni, perfino quelle linguistiche di molti nostri concittadini e concittadine, prime fra tutte quelle di chi ci governa, che ha scelto di patriarcalizzare l’incarico istituzionale che ha assunto, scegliendo per sé stessa – donna – l’appellativo de “il” presidente!

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Le tre tesi proposte della pastora riguardano la lettura critica della Bibbia, con una maggiore attenzione alle metafore e ai racconti che fanno emergere il rapporto non patriarcale di Gesù con le donne e il ruolo attivo delle donne nelle prime comunità cristiane. Poi, una visione comunitaria della fede, grazie a una gerarchia di assemblee di credenti, anche nel riconoscimento di ministeri senza preclusioni di genere. Infine, l’uso di un linguaggio inclusivo per riflettere la dignità di tutte le persone.


Anna Maffei è stata fra l’altro la prima presidente donna dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), dal 2004 al 2010.