Paolo Ricca e la sfida del dialogo con i pentecostali

Roma (NEV), 21 agosto 2024 – Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo del pastore Carmine Napolitano, già presidente della Federazione delle chiese pentecostali (FCP). La FCP è fra i membri “osservatori” della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).


Credo che il mio primo incontro con Paolo Ricca risalga al 1992; in quel tempo la chiesa pentecostale di Cicciano organizzava delle attività seminariali nel Villaggio Evangelico di Monteforte Irpino e fu invitato a tenere una conferenza su tema libero; lui scelse di parlare sull’ecclesiologia del vangelo di Giovanni. Prima di quell’occasione avevo sentito parlare di lui e avevo letto sue pubblicazioni, ma non c’era stata occasione di incontro personale. Fu un episodio che non ebbe seguito immediato. Alcuni anni dopo, all’inizio del 1998, un tardo pomeriggio mi raggiunse una telefonata: <<Sono Paolo Ricca>> specificò la voce dall’altro capo del telefono con l’inconfondibile tono e timbro. Mi disse che su mandato della Tavola valdese che aveva recepito un ordine del giorno del Sinodo, stava facendo un giro di consultazioni telefoniche con diversi esponenti del mondo pentecostale per chiedere se c’era la disponibilità ad aprire un dialogo con la chiesa valdese. Qualcuno aveva fatto anche il mio nome tra i possibili interlocutori. Il 24 marzo dello stesso anno inviava una lettera con la quale invitava ad un incontro preliminare chi aveva risposto in modo positivo alla richiesta. Così il 21 aprile di quell’anno ci ritrovammo a Roma in via Firenze, 38; il secondo incontro preliminare si svolse a Monteforte Irpino il 29 settembre. A me fu chiesto di svolgere il ruolo di segretario delle sedute dei dialoghi per la stesura dei verbali e nelle fasi successive quello di copresidente. Tali incarichi mi permettevano scambi e consultazioni continui con lui che guidava la commissione valdese; da lì nacque un’amicizia e fraternità che non è più venuta meno.

Non è un mistero che il dialogo con i pentecostali lo abbia voluto soprattutto lui; l’esperienza ecumenica internazionale alla fine degli anni Novanta del secolo scorso gli aveva segnalato un significativo balzo in avanti della presenza pentecostale ai tavoli di dialogo ecumenico. In particolare, era in atto in quegli anni il dialogo tra esponenti del mondo pentecostale e l’Alleanza Riformata Mondiale; un dialogo che nasceva curiosamente più di venti anni dopo quello che i pentecostali conducevano con la Chiesa cattolica. A quel dialogo aveva partecipato il pastore Salvatore Ricciardi rimasto impressionato dalla preparazione degli esponenti pentecostali e che insieme a Ricca, Maria Girardet e Gianni Rostan (allora moderatore della Tavola) componevano la commissione valdese nominata per condurre un dialogo con il mondo pentecostale italiano. Non era un dialogo tra esponenti che partecipavano a titolo personale, ma un dialogo tra rappresentanti ufficiali di chiese; non c’erano molti precedenti in questa direzione in Europa e nel mondo. E per questa ragione il dialogo fu strutturato, su indicazione di Ricca, secondo il modello dei dialoghi interconfessionali internazionali: tre fasi in cui affrontare argomenti significativi. Così nacque il dialogo tra alcune chiese pentecostali e le chiese valdesi e metodiste in Italia. Esso prevedeva un confronto sulle cose che uniscono, uno su quelle che distinguono ma non dividono, uno su quelle che dividono. Le prime due aree furono esplorate con la pubblicazione di documenti che ne riassumevano i contenuti rispetto ad argomenti emblematici; di questi non sono stati pubblicati il documento sulla cena del Signore e quello sul battesimo, sia pure già definiti. Alla terza fase non si era riusciti a mettere mano lasciando rammaricati un po’ tutti, Ricca in primis. Non si voleva, infatti, dare l’impressione che si cercasse di evitare i temi ‘scottanti’ per così dire.

Nell’introduzione alla pubblicazione dei documenti della prima fase del dialogo si legge: <<Mettere in moto questo Dialogo è stata una scommessa; proseguirlo è stato un motivo di allegrezza; guardare ad una possibile ripresa è una ragione di speranza>>. La presentazione di Ricca che seguiva è un concentrato di metodologia del dialogo ecumenico e vale quanto i documenti che intendeva presentare. Con i pentecostali, si sa, ci vuole pazienza; bisogna sintonizzarsi su registri di comunicazione non sempre facili da capire anche perché vissuti in modo profondamente diverso dalle altre chiese cristiane. Ricca era molto paziente nelle sedute di dialogo; aveva una notevole capacità di ascolto e si sforzava di entrare il più possibile nelle ragioni degli interlocutori. Nei lunghi anni di dialogo ci sono stati anche momenti di difficoltà e qualche battuta d’arresto; inevitabilmente si è dovuto fare i conti anche con stanchezze e forse mancanza di voglia da parte delle dirigenze ecclesiastiche. Ricordo che un momento di questo tipo fu vissuto quando il dialogo fu interrotto a causa del via libera del Sinodo alla benedizione delle coppie omosessuali. Ci incontrammo a Padova in occasione di un convegno organizzato dall’Università e mi confidò che ormai il nostro dialogo poteva considerarsi <<morto e sepolto>> se le ragioni dell’interruzione erano legate a quella decisione. Io gli risposi che non ero così pessimista. Quando circa un anno dopo le sessioni di dialogo ripresero, al primo incontro mi disse: <<Hai avuto più fede di me, visto che siamo qui>>. Gli risposi: <<No; forse conosco solo un po’ meglio il mio mondo>>. E così con un sorriso e una stretta di mano il dialogo ricominciò. Ha sempre insistito perché si andasse avanti, spronando la chiesa valdese ma anche quelle pentecostali. Quando poteva rispondeva sempre agli inviti che gli venivano rivolti predicando e insegnando nel mondo pentecostale sempre molto apprezzato e stimato. Ha tenuto anche due prolusioni presso la Facoltà pentecostale di Scienze religiose. Una delle sue ultime uscite pubbliche credo sia stata nel mese di maggio a Bari e Corato su invito della chiesa pentecostale guidata dal pastore Aldo Abbatista, membro della Federazione delle Chiese Pentecostali.

È noto che i pentecostali hanno difficoltà a dialogare anche tra di loro; Ricca volle questo dialogo, impegnativo e di un certo spessore, ma grazie ad esso alcuni pentecostali hanno imparato cos’è il dialogo e come si dialoga. Questo resterà un merito storico e un frutto permanente del suo impegno cristiano. Fosse solo per questo i pentecostali dovrebbero essergli grati; ma nel tempo essi hanno imparato ad apprezzare anche l’uomo di fede, il predicatore suadente, il fine teologo, il fratello dialogante. E per questo mancherà anche ai pentecostali che lo hanno conosciuto e stimato; e tra questi a me che diverse e importanti cose da lui ho appreso. Non ultima che molto lavoro ecumenico viene svolto più nella speranza del futuro che nella conquista del presente.

Carmine Napolitano


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