Roma (NEV) 10 settembre 2024 – Il 20 agosto scorso il Parlamento ucraino ha approvato, in seconda lettura, un disegno di legge (n. 8371) “Sulla protezione dell’ordine costituzionale nel campo delle attività delle organizzazioni religiose”: un provvedimento che vieta l’attività di “organizzazioni religiose affiliate alla Russia in Ucraina”, con specifico riferimento alla Chiesa ortodossa che dipende dal Patriarcato di Mosca, è che è tuttora la più grande denominazione ortodossa del Paese, nonostante la crescita di una Chiesa ortodossa autocefala, di recente affiliata al Patriarcato di Costantinopoli.
La Chiesa ortodossa ucraina legata a Mosca aveva da subito condannato l’invasione russa dell’Ucraina, ma nonostante questo, in quanto parte della Chiesa russa, viene ancora considerata “in continuità ideologica con il regime dello Stato aggressore, complice di crimini di guerra e crimini contro l’umanità”: pertanto le sue attività sono proibite e nei prossimi mesi dovranno confluire nella Chiesa ortodossa autocefala.
Questo passo di Kiev ha suscitato forti perplessità in tutto il mondo ecumenico. All’Angelus di domenica 25 agosto, papa Francesco ha detto: “Le Chiese non si toccano. L’Ucraina non vieti alcuna entità cristiana”. Il giorno prima, sabato 24 agosto, veniva diffusa una dichiarazione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), l’organismo che riunisce le chiese protestanti, anglicane e ortodosse di tutto il mondo.
Nel testo, firmato dal segretario generale, il pastore riformato Jerry Pillay, e dal moderatore del Comitato centrale, il vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm, si sottolinea che il Consiglio ecumenico ha sempre condannato l’invasione russa, e che senz’altro “il governo dell’Ucraina ha il diritto sovrano e la responsabilità di difendere l’integrità territoriale della nazione e di proteggere i suoi cittadini, ancora di più di fronte all’invasione illegale e all’aggressione armata della Russia“.
Tuttavia, “il Consiglio ecumenico delle chiese è profondamente allarmato dal potenziale di punizione collettiva ingiustificata di un’intera comunità religiosa e dalla violazione dei principi di libertà di religione o di credo ai sensi della nuova legge approvata dalla Rada ucraina il 20 agosto 2024″.
“Invitiamo nuovamente il governo ucraino a esercitare cautela in relazione a misure che rischiano di violare il diritto fondamentale alla libertà di religione o di credo e di minare la coesione sociale in questo momento di emergenza nazionale… Né i crimini di alcuni individui, né le affiliazioni storiche di una particolare entità religiosa, possono essere una base sufficiente per misure equivalenti a punizioni collettive nei confronti di una comunità religiosa che vive e rende il suo culto in Ucraina. Il governo dell’Ucraina è responsabile della protezione dei diritti di tutti i suoi cittadini“.
Ma non si tratta solo di diritti e libertà religiosa: la decisione del Parlamento ucraino, come ha osservato il giornalista Luigi Sandri, specialista di ortodossia e est Europa, avrà gravi conseguenze anche nel più ampio campo ecumenico, aggravando “in modo irreversibile la contrapposizione tra la seconda Roma (Costantinopoli) e la terza (Mosca)” (quotidiano L’Adige, 26 agosto).