Regolamento di Dublino, la FCEI partecipa al dibattito

Questo giovedì il parlamento europeo inizierà la discussione della quarta riforma del regolamento di Dublino. A Bologna un incontro promosso dall'eurodeputata Elly Schlein ha chiamato la società civile a confrontarsi con gli emendamenti che il gruppo Socialisti & Democratici presenterà al testo della commissione. Ha preso parte alla discussione anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia

Roma (NEV), 7 marzo 2017 – Si è tenuto sabato 4 marzo, presso la Sala Giorgio Prodi dell’Università di Bologna, l’incontro sulla riforma del regolamento di Dublino promosso dall’eurodeputata Elly Schlein. In vista della discussione parlamentare che si aprirà questo giovedì a Bruxelles, il Gruppo Socialisti & Democratici ha aperto il dibattito alla società civile, presentando la bozza di emendamenti che l’eurodeputata Cecila Wikström, relatrice della Riforma per il parlamento europeo, propone al testo della Commissione.

Insieme ai rappresentati italiani delle grandi organizzazioni che si occupano di migrazioni a livello mondiale – tra le altre UNHCR, Amnesty International, Save the Children e Medici senza Frontiere – c’era anche Giulia Gori di Mediterranean Hope – il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) – che appena un giorno prima era intervenuta a Bruxelles nell’ambito dell’European Migration Forum.

Bologna, l’intervento di Giulia Gori

“Sul cosiddetto ‘sistema di Dublino’ che obbliga il richiedente asilo a effettuare domanda nel primo paese d’approdo – ha dichiarato Gori all’Agenzia NEV – il punto di vista della FCEI e del Tavolo d’asilo di cui la FCEI fa parte, è sempre stato molto chiaro: per noi chi passa i confini dell’Unione non entra in uno Stato ma in Europa, la solidarietà deve essere europea. Per quanto concerne la riforma al vaglio del parlamento europeo, la cosiddetta ‘Dublino 4’, registriamo dei passi avanti, ma la soglia d’emergenza che la Commissione ha fissato per far scattare il sistema di ridistribuzione è troppo alta. A Bologna – prosegue Gori – ho ribadito che su due punti la riforma non può cedere al compromesso: nella definizione di ‘paese terzo sicuro’, che non può essere attribuita a stati come il Sudan e la Turchia verso i quali non possiamo respingere chi ci chiede aiuto; e nella cancellazione delle norme che disincentivano i ‘movimento secondari’, perché un richiedente asilo che fa domanda in Italia e poi si sposta non può essere privato dei suoi diritti soltanto perché in un paese diverso da quello di primo accesso. Su entrambi questi nodi gli emendamenti della bozza Wikström ci sembrano migliorare enormemente il testo della Commissione”.

A margine dell’incontro, sulla stessa lunghezza d’onda si è espressa la promotrice della giornata: “Ciò che vogliamo  – ha dichiarato Schlein ai giornalisti del TG3 – è superare l’ipocrisia originaria, quella che ha messo tutto il carico sugli Stati alle frontiere calde dell’Unione. Dobbiamo superare il criterio del primo paese d’accesso e ideare un meccanismo permanente di condivisione delle responsabilità tra stati membri”. Un’impostazione condivisa anche dal capo dell’ufficio di gabinetto del Ministero dell’Interno Mario Morcone, secondo cui l’attuale sistema di Dublino “cerca di imporre all’Italia una posizione che non appartiene alla sua storia, perché concentrare i migranti che arrivano sulle nostre coste in centri di detenzione amministrativa in vista del rimpatrio tradisce i principi di condivisione e solidarietà”.